Il nome favarella
Attraverso la storia non ne è stato tramandato un significato ben preciso del nome. Tale toponimo può derivare da favarella o faverella, fave macinate che venivano date ai cavalli come biada, teoria supportata dal fatto che nelle campagne era d'uso coltivare le fave.
La Favarella nella storia
La torre rappresentava l'abitazione della famiglia, con al piano terra nella sala grande la cucina caratterizzata dal caminetto, unica fonte di calore del piano, e da tre nicchie dette stipi, per la conservazione dei prodotti alimentari di rapido consumo, che venivano chiuse con un'anta di legno. La stanza più piccola era adibita a magazzino per le granaglie.
La botola che si trova sotto il ponte levatoio anticamente utilizzata in caso di difesa, serviva come deposito per il grano.
Al piano superiore nella sala più grande c'era la camera da letto dei genitori e le altre due stanze più piccole servivano come camere per i figli, una delle quali era provvista di gabinetto ricavato all'interno di una nicchia con seduta in pietra e foro centrale.
I tre caminetti delle camere da letto non venivano mai accesi, perché questi ambienti venivano utilizzati solo per dormire, infatti la famiglia dopo il lavoro dei campi trascorreva il resto del tempo in cucina, dove si riuniva.
Tutti gli ambienti erano chiusi dall'esterno da finestre costruite con tavole di legno aventi una piccola apertura centrale, al piano terra un robusto portone ligneo chiudeva la torre.
L'edificio delle stalle è suddiviso in quattro ambienti due verso il cortile principale e due verso il giardinetto retrostante.
Nei primi due ambienti dove vi sono le mangiatoie c'erano gli animali: nella stanza dove vi è il forno coverto (che veniva utilizzato per cuocere il pane), i bovini, nell'altra gli equini, che di giorno svolgevano un duro lavoro nei campi.
Nel settecento non ci sono tracce di equini nella masseria le stalle che venivano chiamate capanne per bovi, servivano principalmente per i bovini.
Nei pagghiari si riponeva la paglia dopo la trebbiatura del grano che avveniva nelle aie circolari, site vicino i muri di cinta della masseria.
Stato conservativo del complesso architettonico
La masseria Favarella così come si presenta oggi, è caratterizzata da un insieme di strutture architettoniche interessate da diverse patologie di degrado. Queste sono imputabili all'azione degli agenti atmosferici, all'abbandono che ha subito negli anni '50 e all'azione dei vandali che, con le loro visite specialmente negli anni '80, ne hanno deturpato l'aspetto originario, spogliandola degli abbellimenti architettonici che la rivestivano in passato. Frequenti sono stati gli appelli a riguardo mossi dall'Associazione per la Salvaguardia e lo Sviluppo di Acaja tramite il suo presidente Antonio Carlino che nel corso degli anni si è battuto per il rispetto dell'ambiente e dei beni storico-architettonici della zona, come testimonia l'articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 14 febbraio 1997: "Uno splendido esempio di architettura rurale in rovina".
Sottrarla dalle mani della criminalità locale che se ne serve come punto d'appoggio per i frequenti sbarchi di clandestini che nelle sere d'estate l'affollano per cambiarsi gli abiti intrisi d'acqua salata e poi fuggire nella notte, lasciando all'interno della torre significative tracce, rendendo veramente inospitale tutto il piano terra e buona parte del primo.
Altro motivo importante per un recupero immediato è quello del degrado che tramite gli agenti atmosferici sta impoverendo la struttura del complesso architettonico.
Descrivendo lo stato conservativo dei manufatti, si nota una grande differenza tra gli edifici per uso agricolo come le stalle e gli ovili, e la torre che veniva utilizzata fino alla metà del Novecento come abitazione. Infatti, questa rispetto agli altri ambienti, appare in condizioni migliori, dettate dalle caratteristiche strutturali e costruttive che la compongono e dalla solidità delle masse murarie e delle volte in pietra.
Gli altri ambienti, eretti anch'essi con muri di pietra, erano coperti da tetti in legno e canne, sopra le quali trovavano posto coppi di terra cotta. I tetti, con il loro crollo hanno condizionato la solidità dei muri perimetrali e degli archi che li sorreggevano.
Passeggiando nei terreni esterni al complesso, si notano le condizioni dei muri a secco che lo circondano, di questi, alcuni come quello situato ad ovest permangono in discrete condizioni, altri sono crollati.
Del portale, che fino agli anni '80 permetteva l'ingresso nel cortile, sono rimaste poche tracce, fornite da un pilastro semicrollato e una parte del cancello in ferro che lo chiudeva.
Il centro di ricerca per la musica popolare
La mia idea per il recupero della Favarella, prevede di destinarla a centro di ricerca scuola di musica popolare, un progetto che in una masseria e in questa in modo particolare si troverebbe inserito nel suo contesto ideale, il recupero delle tradizioni rurali-musicali di una terra quindi, attraverso il recupero di una masseria che è un elemento forte della storia del Sud, infatti la musica popolare è ricca di connotati rurali, quel mondo vissuto dai contadini che durante il duro lavoro nei campi, ed in particolare durante le feste svolte nelle aie delle masserie, traducevano in note le loro sensazioni.
Il progetto di recupero della Favarella, prevede la presenza di sale di studio audio-video, aule per lezioni di musica popolare divise per tipo di strumento, aule di canto, aula di danza, sala conferenze, museo, sala espositiva tematica, laboratorio di costruzione e restauro di tamburelli e violini, infine vaste aree all'aperto per manifestazioni. Tutto questo avviene, attraverso la ristrutturazione degli edifici esistenti e la progettazione ex-novo di altri elementi architettonici tramite il rispetto delle normative locali, con la tutela dei vincoli architettonico- paesaggistici e con l'utilizzo di materiali legati alla tradizione costruttiva locale.
Tutte le parti siano esse recuperate o di nuova progettazione sono organizzate in modo da dare forma a un complesso unitario nel quale risalta la mole massiccia della torre, che come contenitore della memoria contadina ospita il museo della musica popolare e del tarantismo.
I temi espositivi trovano un ideale collocazione in questi ambienti perché entrano in simbiosi con gli elementi propri del manufatto, anch'essi musei all'interno del museo come le scale interne strette e consumate, il ponte levatoio, i camini e il terrazzo che funziona da luogo panoramico permettendo di osservare il paesaggio ricco di storia che circonda il complesso.
L'agrumeto sorge dove anticamente vi era il giardinetto di alberi comuni già citato in precedenza ed è composto da più alberi di aranci e mandarini disposti su due filari paralleli dove trovano anche posto degli spazi organizzati per la periodica sistemazione di bancherelle coperte che saranno utilizzate per l'esposizione e la vendita di prodotti tipici in occasione di manifestazioni e seminari etnico-musicali.
Altri elementi già presenti nella storia della masseria e collocati all'interno del progetto sono l'antica neviera sotterranea fruibile tramite una scala esterna la quale può essere utilizzata per esposizioni legate alla vita contadina, e le aie che come già visto sono situate su un ampio spazio aperto circondato dagli ulivi prospicente la masseria, possono servire per manifestazioni musicali e quindi rivestono un'importanza notevole all'interno del progetto così da fornire un'ulteriore collegamento tra la memoria contadina e la musica popolare.